Si chiamava Gerardina Corsano la 46enne che, nella notte tra lunedì 30 e martedì 31 ottobre, è deceduta per sospetta intossicazione alimentare da botulino ad Ariano Irpino, in provincia di Avellino.
Ma che cos’è il botulismo alimentare?
È una sindrome che provoca un’intossicazione dovuta all’ingestione di una tossina dei clostridi produttori di tossine botuliniche preformata in un alimento.
Questi microrganismi sono ubiquitari e si possono ritrovare, principalmente sotto forma di spora, in molteplici ambienti come il suolo, i sedimenti marini e lacuali, il pulviscolo atmosferico e gli alimenti.
Il botulismo si può manifestare a tutte le età ed i sintomi sono, di norma, molto simili a quelli di una gastroenterite e non è trasmissibile da persona a persona.
E’ stato riscontrato che, in Italia, la sintomatologia data da questa forma di botulismo si manifesta dalle 24 alle 72 a seguito dell’ingestione di un alimento contaminato.
Si tratta di un vero e proprio avvelenamento, che causa la paralisi dei nervi del cranio e può portare alla morte per paralisi respiratoria.
Nonostante ciò, se tale malattia viene diagnosticata in tempo, si risolve totalmente con una terapia specifica svolta attraverso un ricovero ospedaliero.
Un prodotto alimentare si definisce a rischio da botulino se:
La materia prima è di per se contaminata;
L’alimento subisce processi di sanificazione non efficaci all’eliminazione delle spore;
L’alimento deve essere consumato solo previa cottura;
Il prodotto stesso presenta delle caratteristiche che facilitano lo sviluppo delle spore (come, ad esempio, quelli pronti al consumo).
Le esotossine, prodotte da questo batterio, si possono ritrovare in alimenti come
conserve, salumi o vegetali sott’olio.
Perciò, cosa fare per evitare la contaminazione degli alimenti da questo batterio?
Di fondamentale importanza, e per nulla scontato, è lavarsi le mani prima dell’inizio ed al cambio di ogni preparazione e lavare accuratamente le materie prime prima dell’inizio di ogni preparazione.
Si consiglia, inoltre, l’utilizzo di contenitori in vetro in quanto, oltre alla possibilità di riutilizzo, gli stessi consentono una miglior sterilizzazione e permettono di verificare eventuali anomalie senza aprire necessariamente il barattolo.
I precedenti, insieme ai tappi, devono essere sterilizzati con vapore surriscaldato ad una temperatura di 121 °C ed alla pressione di 2 atmosfere. Tale processo richiede l’utilizzo di strumentazioni in grado si supportare pressioni elevate e pertanto non presenti in ambiente domestico. Ad oggi sono disponibili autoclavi per uso domestico, grazie ai quali è possibile preparare in sicurezza tutte le tipologie di conserve fatte in casa.
Oltretutto, l’Istituto Superiore di Sanità consiglia l’utilizzo di aceto di vino bianco, olio di prima qualità e zucchero semolato per le varie preparazioni.
Per giunta, i contenitori utilizzati non devono mai essere riempiti fino all’orlo, ma è necessario lasciare un minimo di spazio utile per contenere l’alimento che è soggetto all’aumento di volume durante il trattamento termico.
È necessario pastorizzare le conserve immergendo completamente i contenitori in acqua. Coprire la pentola con il coperchio e portare l’acqua ad ebollizione.
Al termine della preparazione e prima di ogni utilizzo dell’alimento, è necessario ispezionare i contenitori per valutare l’ermeticità del tappo ed il raggiungimento del vuoto (NON si deve udire il “click clack”).
In conclusione, è consigliato attenersi alle linee guida specifiche per la corretta preparazione delle diverse tipologie di conserve alimentari preparate in ambiente domestico, elaborate dal Centro Nazionale di Riferimento per il Botulismo dell’ISS in collaborazione con il Ministero della Salute, l’Università degli Studi di Teramo e il Centro Antiveleni di Pavia.
A cura di Doriana Di Vittorio
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